1.1 – Gli antefatti
1.1.1 - Gli antefatti
La storia dell’automazione ha radici molto antiche: prende le mosse dal desiderio dell’uomo di controllare e governare il comportamento di oggetti, macchine e sistemi per renderlo corrispondente a determinate finalità. La scienza e la tecnologia dell’automazione quindi indicano molto di più della semplice ripetizione “automatica” di un’operazione e sono meglio identificate dal concetto di “controllo”: si riferiscono quindi alle tecniche, agli strumenti, alle metodologie che consentono a un sistema, sia esso meccanico, elettrico o biologico, di mantenere un comportamento prestabilito reagendo e rispondendo adeguatamente e prontamente alle inevitabili variazioni del contesto. Idea chiave nei controlli automatici è quella di feedback, un neologismo introdotto negli anni 20 del secolo scorso nell’ambito delle telecomunicazioni per indicare la retro alimentazione di un amplificatore con un segnale prelevato nel circuito di uscita.
Fin dai tempi più remoti però, meccanismi definibili come feedback sono stati ideati e applicati con alterni successi.
Dapprima si sono sviluppati come soluzioni empiriche, frutto della genialità di alcuni inventori; poi, anche a seguito dei grandi avanzamenti nelle scienze matematiche e fisiche, hanno acquisito un solido impianto teorico conquistandosi un ruolo specifico all’interno dell’ingegneria e con un forte carattere interdisciplinare.
1.1.2 - Nell'antichità
I primi esempi di meccanismi contenenti qualche criterio di controllo automatico risalgono al III sec. a.C. e alla scuola alessandrina, quando Filone di Bisanzio pubblica la Pneumatica descrivendo diverse macchine ad aria compressa civili e militari. Un posto particolare occupano gli automata, cioè macchine, ma anche quelli che oggi chiameremmo gadget, in grado di svolgere alcune semplici funzioni in modo autonomo. Alcuni anni prima il suo maestro Ctesibio aveva progettato macchine (descritte poi da Vitruvio) come: una pompa idraulica, un organo idraulico e un orologio ad acqua. In quest’ultimo Ctesibio attua un principio di regolazione: da un serbatoio di alimentazione viene versata acqua in un recipiente dotato di uno scolo regolatore e di un foro di uscita che immette acqua in un cilindro graduato; l’idea innovativa era quella di rendere costante il deflusso d’acqua che dipende dalla pressione presente al foro di uscita, mantenuto a sua volta costante essendo costante il livello dell’acqua nel recipiente.
Automata è anche il titolo di un testo del più noto degli “ingegneri” dell’età ellenistica: Erone di Alessandria, vissuto nel primo sec. a.C. L’autore vi descrive complicati teatrini semoventi azionati – tramite carrucole, rulli e ruote dentate – sfruttando la forza di gravità di pesi agganciati a funi.



Fa ancora discutere gli storici, per la difficoltà di risalire alle fonti, un altro antico meccanismo, risalente al 150-100 a.C., noto come il calcolatore di Antikythera, dal nome della piccola isola greca dove è stato ritrovato all’inizio del ‘900, anche se in pessime condizioni. Studi approfonditi, condotti soprattutto presso l’Università di Yale, hanno permesso di ricostruirne il funzionamento – basato su una serie di ingranaggi e ruotismi con dei precisi rapporti – e di individuarne la funzione di vero e proprio “calcolatore meccanico” utile per misurare il fluire del tempo, il sorgere e il tramontare del sole, gli equinozi, i pianeti (i 5 allora conosciuti), le fasi lunari, le eclissi.
La civiltà romana non ha dato contributi specifici nel campo degli automatismi e dei meccanismi in genere; per lo più i contributi dei romani sono consistiti in un grande impegno di perfezionamento di macchine e apparecchiature precedenti per renderli adeguati allo sviluppo imponente dell’impero. Grande impulso è derivato dalle esigenze militari, che spingevano verso una produzione “di massa”; ma anche in ambito civile non manca la documentazione di insediamenti produttivi complessi, organizzati su schemi di tipo “industriale”; anche se l’abbondanza di schiavi rendeva meno pressante la necessità di semplificare, automatizzare e meccanizzare il processo produttivo. Secondo lo storico Bertrand Gille, si può parlare di una fase di semi-meccanizzazione. Un fattore degno di nota e particolarmente rilevante per i successivi avanzamenti nella storia della meccanizzazione è stata l’applicazione varia e diffusa del moto rotatorio, concretizzata in una ampia gamma di macchine (mulino, torchio, bindolo, argano, coclea …) e dai primi tentativi di ottimizzazione del funzionamento.
1.1.3 - Nel Medio Evo
Il Medio Evo, in particolare in Europa, è stato un periodo di notevoli innovazioni tecnologiche sospinte dalla necessità di far fronte a pesanti condizioni di vita ma anche da un grande impeto costruttivo e creativo. Importanti innovazioni sono state introdotte in agricoltura (aratro con vomere e versoio, collare rigido dei cavalli, tecnica delle marcite) e la nascita delle città ha poi moltiplicato le esigenze di macchine e apparecchiature per le più svariate applicazioni.
Sul piano tecnico, i passi più significativi che hanno preparato il terreno ai successivi sviluppi nell’automazione hanno riguardato la “trasformazione del moto” e la “trasformazione della potenza”.
Sul primo versante, era il funzionamento di magli, frantoi e mantici a incentivare la ricerca di soluzioni per trasformare il moto rotatorio continuo in brevi e alternati movimenti lineari: ecco allora l’introduzione dell’albero a camme, da alcune idee già avanzate dagli arabi ma applicate con successo e continuamente perfezionate in epoca medievale. Sul finire del Medio Evo fanno la loro comparsa quelle che sempre Gille chiama “le macchine moderne” che preludono a quell’esplosione di creatività condensata in Leonardo da Vinci.
La più importante invenzione meccanica medievale è il meccanismo biella-manovella, per la trasformazione del moto circolare in moto alternato e viceversa; la sua diffusione però fu rallentata dalla difficoltà di collegare fra loro le varie parti, specie se erano in legno e soggette a forti attriti.
Sull’altro fronte, il problema era quello di ottenere una regolazione della velocità e della potenza: si pensi all’impiego dei magli nella fucinatura o delle macchine per innalzare ingenti carichi nelle costruzioni edilizie. Sistemi di pulegge e ingranaggi erano noti e sono stati oggetto di miglioramenti sostanziali; mentre l’introduzione del principio del martinetto a vite ha ampliato le potenzialità costruttive.
Innovazioni, meccanismi, automatismi sono stati applicati principalmente in tre ambiti:
– i mulini: sia idraulici che a vento, veri protagonisti della tecnologia medievale;
– la gestione delle acque: si pensi all’invenzione delle chiuse mobili;
– la costruzione cattedrali: nei cui cantieri distribuiti in tutta Europa avveniva in modo spontaneo e capillare quel “trasferimento tecnologico” oggi tanto ricercato.
1.1.4 - Dal '400 al '600
La figura e l’opera di Leonardo da Vinci non possono mancare in qualunque indagine che ripercorra l’evoluzione delle macchine e dell’ingegneria in genere. Anche per la storia dell’automazione i disegni di Leonardo rappresentano una documentazione impressionante di come si siano fatti strada i concetti di automatismo, di controllo e di regolazione. Nel Codice Atlantico sono contenuti alcuni disegni di automatismi che caratterizzano il funzionamento di macchine ad avanzamento automatico: come la macchina per tagliare doghe da cannone, azionata da una ruota idraulica orizzontale; oppure la macchina per intagliare lime, con carrello scorrevole comandato e movimento intermittente del martello percussore ad arresto automatico; o altri esempi di macchine utensili.
Ancor più rilevante, per le applicazioni successive, il contributo nel campo delle macchine tessili (quali la cimatrice, la rasatrice, il fuso automatico, la macchina per la torcitura delle funi). Nel celebre disegno del folio 393 del Codice Atlantico, viene illustrata una macchina per filare con fuso ad aletta, dove Leonardo anticipa due innovazioni che saranno poi decisive:
■ utilizza l’aletta come organo di incannatura; un’invenzione tecnica che sarà poi raccolta dal tedesco Johann Jurgen (1530), al quale è attribuita l’invenzione del filatoio a pedale che aumenta la velocità di filatura;
■ introduce un dispositivo per la distribuzione automatica del filo, che verrà (ri)scoperto e applicato in Inghilterra nel 1794.
Nel ‘400 e ‘500 le innovazioni nel campo dell’ingegneria si manifestano soprattutto nelle macchine e negli impianti per l’approvvigionamento energetico e delle materie prime e nelle costruzioni civili. Dal 1500 le macchine per l’estrazione dell’acqua assumeranno un’importanza crescente e la nascente scienza del vuoto suggerirà la progettazione di diversi tipi di pompe aspiranti, con un corredo di valvole, tubature e congegni che si possono considerare come precursori delle moderne apparecchiature tipiche dell’automazione di processo.
L’estrazione dei minerali stimola lo sviluppo di macchinari e, potremmo dire, impianti dei quali abbiamo una discreta documentazione. Tra tutte spicca l’opera di Georg Bauer, noto come Agricola, che nel De re metallica descrive molti di questi macchinari: come l’impianto di sollevamento per miniere, che da molti è stato assunto come simbolo della nuova ingegneria che, come ha scritto Vittorio Marchis, “riesce a gestire grandi quantità di energia con piccoli sforzi e che prelude alla moderna scienza dei controlli automatici.
L’operatore nella cabina di comando, azionando due leve, dirotta l’acqua del canale a una delle due ruote affiancate (ma con palettature discordi) e quindi riesce a suo piacimento a invertire il senso di rotazione dell’argano”.
Il Seicento registra una significativa evoluzione del telaio, una macchina che può essere assunta come simbolo dello sviluppo tecnologico che parte dalla meccanica e approda all’informatica (le due anime della automazione): a un’estremità di questo grande arco storico troviamo, come si è già detto, Leonardo; all’altra troveremo il telaio Jacquard (1805), a schede perforate, completamente automatizzato.
Nel mezzo tante innovazioni più o meno rilevanti: basterà segnalare i contributi del polacco Anton Möller, che nel 1586 ha messo a punto un telaio azionato semplicemente da una leva; e quello del francese Jean-Baptiste de Gennes che nel 1678 descrive un telaio “per produrre stoffa di lino senza l’aiuto di un artigiano”, con un sistema di manovelle per sollevare i licci e di quadranti che azionano leve per mettere in moto il battitore.
Il riferimento all’assenza dell’artigiano anticipa in qualche modo il dibattito sulla potenziale alternativa tra automazione e lavoro umano, dibattito che raggiunge già momenti acuti nel ‘600 con tumulti e disordini in diversi Paesi. In Olanda, Germania e Inghilterra vengono emanati decreti ed editti che limitano e addirittura proibiscono i telai automatici per salvaguardare la manodopera. In Svezia nel 1699 Christopher Polhem costruisce a Stjärnsund una delle prime fabbriche automatizzate tramite l’uso dell’acqua: l’iniziativa suscita subito l’ostilità dei lavoratori che temono di vedere loro sottratto il lavoro; alla fine verrà data alle fiamme nel 1734. Da notare che a Stjärnsund si producono tuttora circa 20 orologi all’anno con il metodo di fabbricazione di Polhem.
Il Seicento è anche il secolo delle prime meccaniche per automatizzare il calcolo. Il primo a intuire la possibilità di meccanizzare il calcolo aritmetico e ad aver progettato una macchina del genere è stato il tedesco Willhelm Schickart, che nel 1623 annunciava in una lettera a Keplero la realizzazione di tale congegno e successivamente ne descriveva il modello. Poi c’è la celebre addizionatrice di Pascal, nota come “Pascaline” (1642), dove le registrazioni erano effettuate tramite dischi rotanti a scatti e un ingegnoso meccanismo effettuava il riporto. Anche il filosofo Wilhelm Leibniz è da annoverare tra i capostipiti del calcolo automatico: a lui si deve la prima soluzione del problema della moltiplicazione grazie all’introduzione del “tamburo a denti scalati” che consentiva di memorizzare il moltiplicando; non riuscì invece a risolvere il meccanismo dei riporti.
Sulla scia di queste macchine, per tutto il ‘600 e il ‘700 si continuarono a realizzare modelli sempre più evoluti e pratici.

